Tre secoli di efferate violenze nella lotta ai "banditi¿
Un ampio quadro storico ricostruisce sviluppi e responsabilità di una
repressione che inizia molto prima dell’Unità d’Italia.
Li chiamavano tutti "banditi¿, dal bando che enumerava pubblicamente
i reati da loro commessi. Eppure i "briganti¿ verso cui si scatenò una
violenta repressione nei primi decenni dell’Italia unita comprendevano,
accanto ai criminali veri e propri, nobili decaduti, contadini in miseria e
giovani ribelli ai poteri costituiti. A dar loro la caccia, inoltre, non furono
solo gli ufficiali sabaudi ma anche esponenti della borghesia locale,
zelanti prosecutori di una secolare guerra fratricida tra meridionali che
assume al tempo stesso il carattere di uno scontro di classe fra
proprietari e nullatenenti. Lo dimostra questo ampio studio della
reazione al banditismo dal Cinquecento al periodo immediatamente
successivo all’Unità, tra fucilazioni, saccheggi, stati d’assedio e crudeli
carneficine.
«Un saggio che va apprezzato sia per la ricca documentazione su cui
si basa sia per i criteri esplicativi che ampliano il campo
d’osservazione di un fenomeno complesso e di lungo periodo».
Il Sole 24 Ore
Enzo Ciconte è docente di Storia della criminalità organizzata
all’Università Roma Tre e di Storia delle mafie italiane all’Università di
Pavia. È stato consulente presso la Commissione Parlamentare
Antimafia e il primo a pubblicare un testo storico sulla ’ndrangheta in
Italia, ’Ndrangheta dall’Unità a oggi. Tra le altre sue pubblicazioni:
Borbonici, patrioti e criminali. L’altra storia del Risorgimento;
Dall’omertà ai social. Come cambia la comunicazione della mafia.